martedì 30 luglio 2013

L'approccio terapeutico

Se è vero che la pratica della diagnosi compete alla medicina cosiddetta ufficiale, sarebbe tuttavia auspicabile che ogni paziente fosse libero di scegliere il proprio indirizzo terapeutico a seconda della sua inclinazione.

Nessuno ha la verità assoluta ma solo una visione parziale del tutto e poiché ciascun individuo ha la sua storia e si trova in un determinato momento evolutivo così egli "vibra" inconscia-mente su una determinata frequenza che lo spinge verso il metodo di cura che con quella frequenza è in armonia. E pur vero che i tempi non sembrano maturi per una proficua collaborazione inter-disciplinare a tutto vantaggio dei pazienti, da una parte a causa delle lobby di potere e dall'altra per un diffuso ciarlatanìsmo estrema-mente pericoloso. Ci vorrà del tempo prima che gli uni rinuncino al potere e gli altri si preparino adeguatamente per non nuocere. Non bisogna dimenticare che un ammalato si trova in una situazione di patta ormonale, in quanto diventa dipendente dal terapeuta che lo cura e in uno stato di "depressione di accompagnamento" che si abbina sempre alla sua patologia. Perciò può essere facile preda dì terapeuti alternativi poco scrupolosi. Bisogna restare con i piedi per terra: così come una patologia è tale se degli esami clinici appropriati ne attestano l'esistenza allo stesso modo la guarigione deve essere comprovata da esami medici. Altrimenti si può raccontare ciò che si vuole!

"Al paziente spetta la decisione finale sul che fare o non fare perché quella decisione, in ultima analisi, non è né scientifica né pratica. E esistenziale. E a ognuno spetta decidere se e come vuole ancora vivere".

Fin da bambini ci hanno abituati a credere che, se abbiamo la bua, "chiamiamo il pediatra che ti darà qualche medicina e tutto passa"! Così medico e medicinali sono inconsciamente diventati il punto di riferimento, l'antidoto ad ogni male e l'automatismo si è instaurato nella nostra mente. Questa è ormai l'unica via che conosciamo per risolvere i nostri problemi di salute. Ma "non sono le medicine che curano il corpo, ma il corpo che si cura servendosi, eventualmente, delle medicine. L'ortopedico rimette a posto l'osso rotto e l'ingessa bene, ma la guarigione è opera del corpo stesso... o della sua "forza vitale"".

Se è dunque vero che dobbiamo cercare di interpretare il messaggio del nostro malessere ritrovando il punto dolens, è anche vero che solo noi conosciamo i meandri più reconditi della nostra esistenza, le debolezze del nostro carattere, gli stress che abbiamo vissuto. La ricerca delle cause della nostra patologia non è sempre facile poiché esse si annidano spesso nell'inconscio e perciò non siamo in grado di contattarle. Ma anche quando lo stress è ben presente siamo incapaci di mettere in relazione il tipo di vissuto con la malattia. Perciò abbiamo bisogno di un terapeuta che ci guidi nella ricerca e che smonti i meccanismi.
Tuttavia è possibile percorrere da soli un buon pezzo di strada modificando quei comportamenti che stanno alla base del nostro malessere.
I proverbi hanno sempre un fondo di verità e nessun detto è più appropriato di quello che dice: "Chi ben comincia è a metà dell'opera" oppure di quell'altro che recita: "Aiutati che il ciel ti aiuta"!

"La malattia è lo sforzo che fa la natura per guarire l'uomo.
Noi possiamo dunque imparare molto dalla malattia
per ritornare alla salute e ciò che al malato
appare indispensabile scacciare,
racchiude l'oro che non può trovare da nessun'altra parte".
(Carl Gustav Jung)


1 commento:

  1. Quando si arrivera' al punto di interagire col medico al fine di valutare insieme cio' che e' meglio per il paziente, vivremo in un mondo libero. Nel frattempo, ai "poveri" pazienti resta la scelta e la responsabilita' per la loro stessa salute in modo quasi inconsapevole. Hai detto bene Laura, noi ci affidiamo ai farmaci e ai medici quasi fossero i nostri salvatori, mentre la nosta vita non va riposta e affidata nella mani di nessuno. Bellssimo post.
    Giuliana

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