venerdì 6 maggio 2016



SM... Semplice Mente




Da quando ho iniziato la mia ricerca indipendente 
sull'applicazione degli Strumenti di Inversione, mi sono trovata spesso spiazzata. Spiazzata dalla velocità e semplicità con cui tante problematiche potrebbero essere comprese e forse, anche risolte. Sarebbe una follia pensare che questi semplici esercizi didattici e un modo di pensare logico, potrebbero aiutare a comprendere situazioni complesse come la Sclerosi Multipla, per esempio. Da sempre… mi sono permessa di sognare.
Il mio contatto con questo format di comunicazione”, (non uso la espressione malattia), è iniziato assieme alla amicizia con una delle insegnanti dell’IMA, Beatrice Carnaghi. Beatrice ha vissuto l’esperienza della sclerosi multipla alla età di 26 anni. Da quando le è stata diagnosticata, ha deciso di non averla. Il periodo che stava vivendo era molto critico e sarebbe quasi possibile determinare precisamente, la data e l’ora in cui quella forma di comunicazione si è presentata a lei. I conflitti e le situazioni che non accettava in quel preciso momento della sua vita, hanno creato dentro di lei una sorta di ribellione silenziosa. Silenziosa ma efficace.


Da quanto ho potuto osservare, nei risultati del mio lavoro, le cellule registrano tutto. È questo che ci spiega giustamente l’epigenetica: questi registri, una volta sul cervello (che è una specie di server) prenderebbero forma o andrebbero a pigiare dei tasti specifici. Dipendendo dal livello emotivo o dell’interpretazione che ogni individuo ha della realtà e di sé, il risultato di questi eventi possono essere diversi. È come se, ad ogni cosa che ci succede il nostro cervello usasse delle lenti per interpretare l’evento. 

Dipendendo della nostra struttura emozionale, cognitiva e dalla capacità di comprensione, riusciremo ad elaborare molte situazioni senza difficoltà, anche se complicate o traumatiche. Comunque sia, l’evento rimane registrato sulla cellula manifestandosi o meno nel arco della vita. Come ho detto, tutto dipende dalle lenti che usiamo. Cosa definisce il nostro tipo di lente? La nostra storia ed il nostro ambiente. Quello che abbiamo vissuto ed il modo con cui ci hanno insegnato a vedere il mondo determina le lente.

La forma con la quale il cervello registra un abbandono, un abuso o
una perdita, per esempio, può essere diversa fra gli individui, perché ognuno ha un set di lenti diversi degli altri. Credo che la biologia potrebbe spiegare ancora meglio tutto questo.
Negli ultimi tempi molti studi sono stati fatti: il Prof. Moshe Szyf, biologo molecolare e genetista, e Michael Meaney, neurobiologo, entrambi della McGill University di Montreal hanno lavorato ad un’ipotesi tanto improbabile da un punto di vista scientifico, quanto profonda: se la dieta e i composti chimici possono causare cambiamenti epigenetici, anche lo stress o certe esperienze negative nella vita potrebbero determinare cambiamenti epigenetici al DNA dei neuroni? Da qui le basi di un nuovo campo di ricerca: l’Epigenetica comportamentale. I due ricercatori hanno dimostrato la correlazione tra paura, stress cronico e modifiche epigenetiche nel cervello.


Quando ho ideato gli Strumenti di Inversione Neurolinguistica non intendevo lavorare a livello epigenetico, volevo solo aiutare le persone a risolvere i loro problemi, soprattutto quelli “ripetitivi”. Ma sembra essere successo qualcos'altro. Ho avuto l’opportunità di confrontare personalmente la mia ricerca con il Professor Mosche Szyf.  Lui non ha escluso la possibilità che in qualche modo, l’approccio didattico potrebbe intervenire a livello cellulare. Ovviamente né io né lui sapevamo come, e sarebbe ancora tutto da comprovare. A questo serve la ricerca e l’evoluzione.
A distanza di tre anni dal primo incontro con il Prof. Moshe Szyf   ho potuto costatare che:
  •     gli Strumenti di Inversione Neurolinguistica lavorano a livello cognitivo (s’imparano);
  •     la didattica (intesa come forma di comunicazione mirata) può insegnare all'individuo a rivedere consciamente la sua storia e le situazioni che hanno determinato i suoi problemi;
  •      Il linguaggio usato da una persona è determinante per individuare le lenti;
  •     Gli strumenti didattici porterebbero la persona ad invertire il suo linguaggio ed il modo di vedere che determina quadri ripetitivi. Se è nella sua volontà.


           Ovviamente siamo solo alla punta dell’iceberg ma credo che la didattica, come forma di comunicazione, apra la mente dell’individuo, per poi, in un secondo momento, lasciare a lui stesso la correzione e la gestione del suo problema;

       Si può insegnare la guarigione? Penso di si, ma bisogna prima portare l’individuo a sviluppare autonomamente la comunicazione su tre livelli: interno, esterno e subliminale.



Ritorniamo alla Sclerosi Multipla. Come ho detto prima, non vedo differenze fra le forme di comunicazione del corpo (malattie). La SM, potrebbe rappresentare una forma di contrasto, ribellione o conflitto tenuto dentro l’individuo in modo silenzioso. Le persone con cui ho potuto parlare ed osservare questo argomento, hanno descritto momenti o periodi in cui qualcosa non andava bene o era difficile da accettare. Non sto affermando che ogni volta che non riusciamo a digerire una situazione svilupperemo la SM, ma è probabile che questo evento si accenda se e poiché si trova nella storia genetica dell’individuo. La cosa interessante, che mi fa anche sorridere, è che ogni persona, essendo il risultato dell’incrocio di altre migliaia o milioni di persone, possiede ovviamente tutti i geni di tutte le malattie. Non si può sapere quale di questi si accenderà e quale resterà spento, per ora.  Quel che determina un’accensione piuttosto che un’altra è ancora da scoprire.

Un altro aspetto che ha colpito la mia attenzione è che non tutte le persone affette da SM sono aperte alla possibilità di invertire o conoscere a fondo loro problema. Forse il format mentale o l’ambiente porta l’individuo a fondersi, identificarsi e coltivare la sua situazione di disagio?  Questa situazione sarebbe forse comoda per gestirne delle altre? Non lo so, per ora mi pongo soltanto delle domande. Mi piacerebbe molto poter approfondire ancora di più questo aspetto.


  • E se fosse possibile insegnare la guarigione?
  • E se fosse possibile invertire la forma pensiero di una persona per invertire anche i suoi registri traumatici?
  • E se fosse possibile lavorare sui genitori per evitare l’eredità delle malattie ai loro figli?
  • E se fosse possibile unire la biologia alla pedagogia, la psicologia alla medicina, la matematica alla comunicazione e alla fisica? Senza separare la visione che abbiamo del corpo e della vita umana?
  • E se fosse l’educazione la forma di comunicazione più potente? Che fosse l’educazione a portare l’individuo, ancora piccolo, a saper gestire il suo sistema di comprensione e il suo sistema biologico?



Ovviamente, da insegnante, percepisco questa possibilità e mi permetto anche di affermare che la didattica, in quanto sistema di comunicazione, può essere più incisiva e ampia di quanto si conosce tuttora.

Scienziato o meno, desidero fare tutto quello che è alla mia portata per contribuire ad un mondo migliore e più semplice. L’inversione neurolinguistica non è la salvezza di ogni male. La vedo come un pixel che completa lo schermo dove si vede un film chiamato evoluzione.

Luciane Arboitte dos Santos

Se desideri collaborare con la mia ricerca, scrivimi: luciane@ima.academy.

www.lucianedossantos.com
www.inl.academy