Un conflitto diretto, quello in cui un evento drammatico e inaspettato
ci coglie impreparati e di sorpresa. Può essere di origine
"interna" o "esterna".
Se ad esempio incontro per strada un vecchio amico e, a
causa del mio nervosismo, lo mando a quel paese vivo una situazione conflittuale
di cui sono io il responsabile e l'artefice. Ma rientrando a casa realizzo di
essermi comportato male e telefono per scusarmi risolvendo così lo stress. Il
mio cervello invierà la soluzione entro qualche giorno come avviene per tutti i
conflitti interni, così denominati perché io e non un altro li ho provocati.
Se al contrario è il mio amico che mi insulta offendendomi,
è lui che mi mette in stress. In questo caso si tratta di un conflitto esterno
e il mio cervello ha sei mesi di tempo per sistemare le cose e inviare la
soluzione. Viviamo con un orologio biologico di sei mesi: è il tempo che ci
diamo per risolvere un conflitto scatenato dal comportamento altrui. Se viene
risolto apparirà una sindrome di affaticamento, in caso contrario si avrà una
patologia.
La "sindrome di affaticamento"' è la fase di
soluzione di piccoli conflitti di separazione e paura che il cervello ripara in
automatico senza bisogno di una presa di coscienza. Ad esempio: apprendo la
morte di mia zia e vivo uno stress per il tempo del funerale ma poi riprendo la
mia vita di tutti i giorni. Improvvisamente mi sento stanco, con qualche linea
di febbre ma tutto passa nel giro di due o tre giorni. Il cervello ha riparato
in automatico senza bisogno di un collegamento cosciente tra l'evento
conflittuale e la piccola patologia risolutiva.
Giorgio stava aspettando il figlio di un suo amico a cui
avevano appena diagnosticato una leucemia linfoide cronica.
Luca, vent'anni, era il classico ragazzo che tutti i
genitori avrebbero voluto come figlio. Bello, intelligente e pieno di vita,
quella vita che ora la malattia gli stava portando via.
Giorgio cominciò a fargli domande non trascurando alcun dettaglio.
"Cosa è successo sei mesi prima del manifestarsi dei
tuoi sintomi"? "Quale è stato il più grosso stress che hai mai
vissuto"? "Ti è accaduto qualche evento positivo o negativo di
recente"?
Era su un binario morto, non trovava niente che
corrispondesse allo schema classico della leucemia secondo la visione
Hameriana, cioè una grande svalutazione di sé in fase attiva e la malattia in
fase di risoluzione o una problematica di "clan" poiché simbolicamente
il sangue lo rappresenta".
Smise di porre domande e, come spesso faceva, chiuse gli
occhi per un istante e si rivolse alla Vita: "Dammi una mano per aiutare
questo giovane, io non so da che parte andare", poi aspettò.
Quando riaprì gli occhi gli uscì di bocca una domanda che
non si sarebbe mai sognato di rivolgergli:
"Qual è la tua passione, il tuo hobby"?
Anche Luca rimase spiazzato e dopo un attimo rispose:
"Adoro scalare la montagna".
"E non ti è mai capitato qualche incidente?"
"Si, avevo quindici anni e, con un amico, ci siamo
inerpicati su per una cima vicino a casa. Lui era il primo di cordata e io lo
seguivo. Arrivati in vetta il panorama era bellissimo, abbiamo mangiato un
panino e poi gli ho chiesto di "assicurarmi" per cominciare la discesa.
Così ha fatto ma dopo pochi metri mi sono sentito precipitare nel vuoto. Che
paura!! Per fortuna la corda si è tesa e sono atterrato incolume su un
terrazzino qualche metro più in basso. Tutto qui, non mi sono fatto niente ma
ho avuto una gran fifa".
Giorgio ricominciava a vedere la luce anche se, per il
momento, non aveva ancora la soluzione. Si impediva di pensare e le domande
gli venivano da sole:
"E dimmi, quando hai fatto l'ultima scalata"?
"Con mio padre un mese fa, proprio una decina di giorni
prima che scoprissero la mia malattia. Tutto andò bene, fu una bellissima gita
ma ricordo di aver provato un brivido alla schiena quando papà, prima di
cominciare la salita, mi disse di assicurarlo e fare io il primo di
cordata".
Giorgio balzò sulla sedia e Luca pure, sorpreso da quella
reazione. In un lampo la sua mente aveva fatto due più due.
"È un conflitto inverso Luca, capisci? È un conflitto
inverso!!"
Per la verità Luca non capiva ma fece sì con un timido cenno
del capo per non contrariare quello strano amico di famiglia.
"I globuli bianchi servono alle nostre difese, a
renderci più forti e quando tuo padre ti ha chiesto di fare il primo di
cordata, il tuo cervello ha ricordato ciò che era successo col tuo amico e ha
mandato, a tua insaputa, la soluzione: "devi essere forte, talmente forte
affinché non accada a tuo padre quello che è successo a te cinque anni
fa". All'istante i tuoi globuli bianchi hanno cominciato a moltiplicarsi.
È un conflitto inverso, capisci ora?
È la circostanza che è stata scatenante, la stessa che hai
vissuto allora e che il tuo cervello ha riconosciuto. In questo caso la
patologia è una fase attiva e non una risoluzione! Prendine coscienza e digli
che hai capito il suo meccanismo; ora può rimettere tutto in ordine".
Conflitti inversi.
Qui la patologia non è più determinata da un conflitto
scatenante, un DHS, come nei conflitti diretti, bensì da una "circostanza
scatenante" che richiama alla memoria un precedente stress programmante.
L'avvenimento negativo rivissuto riaccende la memoria dello stress passato e
scatena la reazione del cervello che mette in moto, a nostra insaputa, la
soluzione di difesa.
I conflitti inversi li ritroviamo soprattutto nelle
proliferazioni di tessuto mesenchimatico''.
Ecco alcuni esempi di conflitti inversi.
- La pecora che ha smarrito il gregge sì può trovare
confrontata ad un conflitto di direzione perché non sa più da che parte
dirigersi per ritrovarlo. Il suo cervello in fase attiva blocca le corticosurrenali
(conflitto attivo) e quando essa sente belare il gregge in lontananza il
cervello ordina una scarica di cortisolo (fase di risoluzione del conflitto)
affinché possa correre a tutta velocità a ritrovare la sicurezza: questo è un
conflitto diretto. Ma di tutt'altro tenore è il conflitto che la pecora può
vivere se sa esattamente dove si trova il gregge ma qualcosa o qualcuno le
impedisce di raggiungerlo. L'aumento del cortisolo si trova allora in fase
attiva affinché la pecora mobiliti tutte le sue forze per ritrovare la
protezione della sua famiglia di appartenenza: questo è un conflitto inverso.
Una bambina cagionevole di salute è obbligata dalla madre a restare
a casa da scuola ed è seguita da un'insegnante in pensione con delle lezioni
private. La bimba vive male la situazione: si sente isolata e vorrebbe andare a
scuola (conflitto programmante) ma non può. Qualche anno più tardi si è
rinforzata e ritorna in classe con le sue compagne (circostanza scatenante) ma
subito dopo si manifesta una malattia di Cushing, una ipertrofia delle
surrenali": per non vivere mai più l'isolamento, bisogna che mi metta a
fabbricare tutto il cortisolo che posso affinché il "gregge delle mie
compagne non mi scappi mai più"!
Un motociclista investe un cinghiale e, picchiando il
ginocchio contro l'animale, si rompe la rotula (conflitto programmante). Dopo
una settimana di ricovero in ospedale torna a casa. Appena terminata la
rieducazione riprende la sua moto e slitta sull'asfalto bagnato rischiando di
colpire con la gamba il guard-rail (circostanza scatenante). Ma tutto finisce
bene, riprende il controllo del suo mezzo e rientra a casa. La conseguenza è un
sarcoma alla rotula il cui significato è: "bisogna che il mio ginocchio
sia talmente forte da resistere all'impatto così da non ritrovarmi più
all'ospedale". Il cervello ordina quindi di aumentare l'osso per
rinforzarlo.
Anche il sarcoma dunque non è sempre la fase di risoluzione
di conflitto di svalutazione (conflitto diretto), ma può essere la fase attiva
di un conflitto inverso, il che è più frequente di quanto si pensi.
Giorgio era contento; le cose cominciavano a quadrare anche con
le diagnosi mediche e per lui era essenziale.
Da una parte era soddisfatto per aver classificato i vari
conflitti in cui l'essere umano si può imbattere nel corso della vita poiché
gli sembrava di aver trovato delle chiavi di lettura interessanti che aprivano
molte porte ma qualcosa gli diceva che il portone di casa rimaneva chiuso e che doveva
cercare ancora, forse non con la mente ma col cuore.
Tratto da: Una Chiave per Guarire di Giorgio Mambretti
Una Chiave per Guarire Giorgio Mambretti |
Un testo importante.
RispondiEliminaMe l'aggio accattato.
RispondiEliminaQuando l'ho letto vi dico!
Ti ringrazio davvero un bel testo molto approfondito.
RispondiEliminaHo avuto modo di leggere il secondo libro di Giorgio Mambretti “Una Chiave per Guarire” edito da UNO Editori e devo dire che mi è piaciuto quasi del tutto.
RispondiEliminaMi è piaciuto il fatto che l’opera si racchiuda entro le 150 pagine, il che favorisce una memorizzazione quasi completa e stabile di tutta l’opera.
Mi è piaciuto il piglio narrativo-fiabesco con cui l’autore guida il lettore verso la comprensione dei concetti illustrati nel libro.
Mi è piaciuta la chiarezza espositiva per cui l’autore, nello spiegare i concetti della Nuova Medicina Germanica, non si è abbandonato a frasari complessi o pomposi, o francamente astrusi. Quello che Mambretti voleva dire l’ha detto in modo che lo possa capire anche un bimbo delle elementari.
Mi è piaciuto il carattere morale, psicologico e amorevole con cui l’autore espone i risvolti causali dei disturbi raccontati. L’autore si tiene ben lontano da quell’ambiente freddo, impersonale e inumano tipico della medicina moderna.
Mi è piaciuta la narrazione di contorno e l’ambientazione nelle quali si dipana la storia principale. Luoghi casalinghi, immersi in un mondo al limite dell’idilliaco, nei quali i rapporti tra persone sono …. ideali e non il reale scontro tipico delle nostre metropoli insensate.
Mi è piaciuto il “Nulla è per caso!”. È la cosa che mi ha più intrigato e stimolato di più e l’autore riprende tale concetto svariate volte nel corso della lettura.
Però, come ho detto, mi è piaciuto quasi tutto, per cui c’è qualcosa che non mi è risultato gradevole.
Mi è parso che ai concetti della NMG si sia abbinata una bella fetta di Metamedicina, soprattutto nelle chiavi interpretative dei disturbi. Nulla di male, s’intende, ma l’ho vista come una commistione impropria.
Si sono mescolati anche i concetti legati ai cosiddetti “conflitti transgenerazionali” che io personalmente faccio fatica ad accettare – anche se sono disposto ad ammettere che ciò che siamo è senz’altro influenzato da ciò che siamo stati.
Non mi è piaciuta l’aura di magia che talora traspare nel racconto. Ho avuto l’impressione – unicamente mia – che i casi illustrati fossero risolti in modo molto “easy”, facile. Però devo dire che le idee e i concetti, il metodo ed il modus operandi sono bene descritti e illustrati.
Qualche volta ho avuto l’impressione che l’interpretazione dei conflitti programmanti fosse leggermente stiracchiata, ma forse è la mia rigida mente che mi ha suggerito ciò. In fondo, come scritto dall’autore, la mente “mente”.
Nel complesso è un testo piacevole, carezzevole, positivo, di belle speranze. In fondo la vita è un susseguirsi di speranze, interrotte solo da quelle condizioni in cui la persona si sente senza speranza, la malattia.
È un libro da consigliare caldamente come primo ingresso nel nuovo, biologico e naturale mondo della NMG.
Grazie quindi all’autore ed alla casa editrice che ci hanno offerto, al prezzo di soli 10.00 euro, questo contributo scritto.
Il testo è disponibile presso Il Giardino dei Libri.
Buona lettura a tutti