venerdì 17 maggio 2013

Dov'è il bene?


Immagine tratta da http://lnx.aseliso.it/
Ci sono situazioni e condizioni nelle quali la domanda di cui sopra si presenta spesso.
Ci sono persone che prima dell'intervento stavano molto male e dopo di esso stanno bene o molto meglio. L'intervento chirurgico è stato risolutivo.
Ci sono persone che prima dell'intervento avevano disturbi saltuari, benché fastidiosi. Campanelli d'allarme e di irritazione. Dopo l'intervento stanno più o meno come prima e la scomparsa di un fastidio dura poco, prima che compaia un altro tedio organico. In sostanza non è cambiato quasi nulla, ma la scienza dice che è stato fatto tutto il possibile.
Ci sono persone che stavano bene prima dell'intervento. La loro vita scorreva bene, con i soliti acciacchi di una vita lunga. Nonostante l'età, la vita aveva un senso e la salute continuava sostanzialmente a supportarle. Per scrupolo o per caso, sollecitate da famigliari o medici curanti zelanti, si sottopongono a qualche esamino clinico e scoprono di avere un "qualcosa" che deve assolutamente essere corretto.
"Ma io sto bene!" è la loro risposta.
Per un diabolico e interessato meccanismo, la persona viene tartassata affinchè dia il consenso ad essere "trattata" per il suo "bene".
Prima dell'intervento chirurgico stavano bene, dopo di esso stanno decisamente male!
L'intervento chirurgico è la causa dei loro dolori e della loro vita invalidata, infelice, perduta.
Il "bene" si trasforma in male quando non ha senso, quando rompe un equilibrio e quando dell'individuo non si vede la globalità che si chiama "persona", ma solo una specifica struttura o funzione.
Nella mia carriera ho visto tanta gente che stava male. L'intervento li ha riconsegnati ad una vita buona, senza dolore e li ha letteralmente strappati alla morte.
Ho visto tantissime persone operate per fastidi di vario genere, tornate poi ad una vita sostanzialmente immutata ed ho visto, purtroppo, molti interventi che hanno creato la malattia, il dolore, l'invalidità, l'infelicità.
Io mi chiedo quale possa essere il senso di mettere le mani addosso a qualcuno che stava bene, ma che per caso ha scoperto di avere qualcosa che la scienza medica vuole assolutamente estirpare. Perchè violare un corpo che funziona ancora bene, per togliere qualcosa di cui non s'è capito ancora nulla?
Prendiamo la calcolosi della colecisti.
In italia vengono asportate decine di migliaia di colecisti all'anno, ma non s'è ancora capito nulla sul perchè si formino i calcoli, perchè in alcuni casi si crea la colecistite, perchè in altri casi non avvenga ciò, ecc. ecc.
La maggior parte delle colecistectomie va a buon fine, la persona torna ad una vita adeguata. Altre invece si complicano, non alleviano le coliche biliari, o peggio creano ulteriori problemi (calcolosi biliari, occlusioni da briglie aderenziali post-chirurgiche, sindromi dispeptiche).
La scienza dice che gli interventi sono stati eseguiti per il bene della persona, ma nei casi in cui la persona sta sostanzialmente bene, il "bene" chirurgico può trasformarsi in un "male".
Ho visto anziani sottoposti a resezione del colon, con colostomia temporanea o definitiva, perchè è stato trovato del sangue occulto nelle feci. Le indagini successive hanno mostrato la presenza di una neoformazione colica non occludente. La scienza ha deciso che "bisogna operare" per il bene della persona. Riassumiamolo questo bene.
Colonscopia previa purgazione drastica
Esami clinici, biochimici e radiologici
ECG, visita anestesiologica, eventuale visita cardiologica (un'ottantenne ha spesso problemi di cuore)
Sospensione della terapia anticoagulante (questi coagulopatici quanti sono? Io mi chiedo se i pazienti sono coagulopatici per cui prendono gli anticaogulanti o devono diventarlo affinché assumano gli anticoagulanti).
Intervento chirurgico (Trauma anestesiologico, trauma chirurgico, perdita di liquidi, sangue e temperatura, fastidi posizionali, cateterismi, ecc.)
Esiti dell'intervento: il paziente è ospedalizzato per svariati giorni (un anziano ha i suoi ritmi e i suoi rituali, si sente spaesato) e spesso si "scompensa" e si "dissocia". Si ritrova con un sacchetto maleodorante e, soprattutto, vergognoso.
Si ritrova con una o più ferite sulla pancia, con il rischio di laparoceli e sovrinfezioni. Se tutto va bene non fa aderenze peritoneali e non si occlude, altrimenti sono cazzi.
Insomma, dal giorno della diagnosi è iniziato il percorso del bisogno e finito il tempo dell'autonomia.
E' sempre giusto fare così?
Valeva la pena di attendere?
Insomma il "bene" della scienza a chi fa bene? Alla scienza o alla gente verso la quale dovrebbe dirigersi?
Per rispondere a quest'ultima domanda, mi corre l'obbligo di dire ciò che non potrà mai essere provato e che nessun scienziato avrebbe mai la voglia/possibilità di dire/ammettere. Ci sono le persone a perdere, vittime sacrificali che vengono immolate sull'altare della scienza per consentire agli scienziati di imparare il loro lavoro. Largamente usata, la sperimentazione sugli animali non è educativa al 100% ed è necessario imparare direttamente sulle persone.
Ecco le azioni scientifiche sproporzionate, quelle che appaiono immotivate agli occhi del buon senso; occhi che vedono la persona prima della scienza, che scorgono la risposta prima nella Natura e poi nella scienza. Solo in chi crede che la Natura sia brutale e spietata, o in chi vuole arricchirsi usando la scienza come scusante per loschi affari, queste azioni ingiustificate e immorali, appaiono "scientificamente corrette".
Eppure l'etica della scienza dovrebbe anteporre il bene della persona umana (animale per estensione naturale) innanzi a tutto. Laddove l'etica dell'azione scientifica cozzi contro l'etica della vita e della Natura, non deve essere quest'ultima a cedere. In fondo è la Natura che ci ha dato un cervello, il pensiero e un cuore.
Il bene non ha maschere e non ha interessi.
È il bene e il bene non ha prezzo!

4 commenti:

  1. mi sono operata quasi due mesi fa al polso per compressione del nervo ulnare. Dopo aver speso cifre impensabili (sui 1000€) per fare trattamenti inutili ed esami che ho dovuto fare privatamente dato che pubblicamente i tempi di attesa erano di mesi, più specialisti della materia mi hanno detto che il danno sarebbe peggiorato e anzi più avrei aspettato peggio sarebbe stato per la sintomatologia. Così mi sono operata, il risultato è che oggi a distanza di 2 mesi ho peggioramento della sintomatologia, e il neurochirurgo che mi ha operata sostiene che la compressione potrebbe essere anche al gomito. Dopo un bel pernacchione ho capito di aver fatto una grossa cazzata ad operarmi, e spero di metterci "una pezza" facendo degli esercizi per la postura, cosa che finora, effettivamente, non avevo mai fatto. La paura è una cosa brutta, ci rende schiavi e ci fa sragionare.

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    1. Il mio articolo punta ad enfatizzare il fatto che si ricorre al bisturi con troppa facilità, anche quando si potrebbe aspettare.
      Anche nel tuo caso, la scienza(?) medica non ha saputo dare una ragione dei tuoi sintomi ed ha ragionato per statistiche.
      Su 100 pazienti con una sintomatologia simile, il trattamento che ha dato i migliori risultati è il tale, allora va usato quello. Della tua soggettività la scienza(?) medica non sa che farsene e non la capisce!
      Mi dispiace per te. Ti faccio i miei più cordiali auguri di pronta remissione.
      Ciao e grazie :-)

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    2. è vero. Il problema infatti è che la medicina non va mai alla fonte delle malattie, ma cura solo i sintomi (come giustamente è ben spiegato in più parti in questo sito). Cura l'influenza con gli antibiotici ma non ciò che ha causato l'influenza. E così anche nel mio caso, sono andati a tagliare il legamento che ispessendosi comprimeva il nervo ma senza pensare cosa aveva causato il suo ispessimento. Purtroppo mai come oggi dobbiamo diventare medici di noi stessi, e studiare studiare studiare. È assurdo... grazie per questi articoli sempre più interessanti. Vi seguo sempre! :)

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  2. Pura verità.
    Mi ridicolizzano quando dico che si diventa malati solo dopo essersi sottoposti ad una visita medica o un esame diagnostico.
    Che bisogno c'è di ricorrere alla medicina (dottori, farmaci, esami preventivi) per un piccolo segnale di malessere?
    E' la vita che ci porta a disagi interiori che sfociano/sfogano sul piano prettamente fisico, diamo tempo al nostro meraviglioso "tempio dell'anima" di ritrovare la "calma" e la vita scorrerà nuovamente libera da impedimenti esistenziali.
    Come dice il dr. Trupiano, la medicina preventiva garantisce che non ci sia assenza di malati.
    Inauguriamo pure le giornate mondiali per la prevenzione di questo e di quell'altro male, lo scopo potrebbe essere giusto l'opposto.

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Non si accettano offese parolacce o bestemmie. Rispetto e civiltà sono ben accetti. Gli autori non vogliono sostituirsi alla figura medica e non si accettano richieste di cura. Non è possibile in questa sede rispondere a domande riguardo malattie personali ma, solo in linea generale, a scopo informativo e divulgativo.