11/10/2012 di Stefano Montanari
Non potevamo aspettarci altro:
Big Pharma è a disagio ma non molla. Del resto, mica si può mollare
un osso con tanta polpa attaccata come quello dei vaccini.
Di seguito, l’articolo che
ho pubblicato su
Autismo & Vaccini
(http://autismovaccini.com/2012/10/11/vaccini-quale-informazione/)
in risposta a quanto diffuso da La Stampa a proposito della
criminalità planetaria dei genitori che non vogliono vaccinare i
loro figli.
Leggo con tristezza ma senza
sorpresa l’articolo “Non vuoi vaccinare tuo figlio? Così
metterai a rischio il mondo” pubblicato da La Stampa
(http://lastampa.it/2012/10/10/societa/mamme/salute/pediatria/non-vuoi-vaccinare-tuo-figlio-cosi-metterai-a-rischio-il-mondo-3safN3QSnJNkwD9l0aRJWO/pagina.html).
Un concetto travisato di
democrazia ha fatto passare l’idea che chiunque abbia non solo
titolo, ma autorità, per disquisire di qualunque argomento, e
questo, con ogni evidenza, è quello che devono aver pensato
l’autrice dell’articolo, tale Paola De Candia, e il suo editore.
Senza cedere alla facile
ironia possibile sull’ingenuità del titolo e senza soffermarmi più
che con un accenno alla “poliomelite”, vale a dire la versione
italiana da cortile di quella che in ambito patologico si chiama,
invece, poliomielite con una i galeotta, versione che fotografa già
di primo acchito la competenza dell’autrice, temo che l’articolo
sia decisamente male impostato.
Le banalità elencate sono
quelle degli spot pubblicitari diffusi dalla cosiddetta Big Pharma e,
purtroppo, offrono una visione a dir poco parziale e pesantemente
censurata di quella che è, invece, la realtà dei fatti.
Il concetto di vaccinazione è
senz’altro geniale. Indurre artificialmente l’organismo a formare
anticorpi contro una determinata malattia pare un’idea eccellente e
la pratica era già diffusa qualche secolo fa, prima che Jenner se ne
occupasse da medico infettivologo ante litteram. Si prendevano dalle
mammelle le croste delle vacche malate di vaiolo bovino e le
s’insufflavano nel naso dei soggetti umani. Questo, nell’esperienza
di chi esercitava la pratica (non erano medici), portava ad un certo
grado di protezione contro la varietà umana della malattia.
Uno dei problemi più evidenti
di quella e di tutte le vaccinazioni che seguirono era e resta
l’inciampo di un’immunizzazione ben meno efficace e duratura
rispetto a quella indotta dalla malattia contratta veramente e, per
questo, si cercarono espedienti per migliorare gli effetti. Allora,
via ad aggiunte chimiche mirate ad accentuare la risposta
immunitaria.
Malauguratamente, la forzatura
si spinse, e continua a spingersi, oltre i limiti del ragionevole,
tanto da portare con sé effetti collaterali di varia gravità che,
come sempre accade in Medicina, si manifestano solo su una parte
della popolazione.
Un concetto fondamentale che,
pur semplice e alla portata di chiunque, pare sfuggire alla
considerazione è la difficoltà, fino non di rado all’impossibilità,
di prevedere quali possano essere gli effetti reali di una mistura di
composti chimici quando li s’introduce in un corpo vivente. Più un
organismo è complesso – e quello umano è, in assoluto, il massimo
della complicazione su questo pianeta – più marcata diventa
l’imprevedibilità. Per rendersi conto di questo ricorrendo
all’esperienza comune, basta considerare il fenomeno delle allergie
e delle sensibilità: a me il Nichel non dà alcun fastidio, al mio
vicino di casa fa prudere la pelle. Una minima traccia di caffeina mi
tiene sveglio per tre notti quando, invece, mia sorella beve un
generoso caffè prima di dormire il sonno dei giusti. Se, poi, si
somministrano contemporaneamente molecole farmacologicamente attive,
nessuno è in grado di giurare sugli effetti che ne conseguiranno.
Ecco, allora, che i
conservanti, gli stabilizzanti, gli adiuvanti, gli antibiotici e gli
eccipienti vari che formano ormai di regola la composizione dei
vaccini disponibili complicano il pronostico relativo alle reazioni
del vaccinando. Non mi soffermo su componenti come i composti già
usatissimi di Mercurio e quelli di Alluminio perché anche le
autorità di controllo sono state costrette da evidenze pagate a suon
di complicanze irreversibili a limitarne l’impiego. Ma le
complicazioni non si fermano qui. La pratica corrente è quella di
somministrare vaccini polivalenti, cioè mirati contro non una ma una
serie di malattie, con questo obbligando l’organismo a qualcosa che
non esiste nel suo bagaglio naturale: contrarre contemporaneamente un
elenco di patologie e produrre gli anticorpi del caso.
Ultimamente, poi, stanno
venendo alla luce aspetti finora ignorati delle preparazioni: la
presenza d’inquinanti solidi, inorganici, non biodegradabili e non
biocompatibili. Di queste presenze garantisco io perché, attraverso
una metodica di microscopia elettronica validata da un progetto di
ricerca comunitario, prima che Beppe Grillo ci facesse sottrarre il
microscopio indispensabile per ricerche che evidentemente non gli
piacevano, quella roba l’abbiamo trovata nel laboratorio che dirigo
su tutti e 20 i vaccini che abbiamo avuto modo di analizzare.
Se sugli aspetti delle
aggiunte più o meno biologicamente giustificabili si è discusso,
sugl’inquinamenti si cerca di non fare parola. Evidentemente
l’imbarazzo al proposito è forte, anche perché, con molte
probabilità, mentre gli additivi di cui sopra sono immessi
volontariamente dalle aziende produttrici, gl’inquinanti come
quelli che abbiamo trovato noi arrivano nessuno sa da dove.
Individuarne l’origine o, magari, le origini potrebbe essere un
problema più grave di quanto non si possa immaginare a prima vista.
Una ricerca in proposito presupporrebbe un’azione messa in pratica
da persone competenti che, al momento, sperando di sbagliare, mi
sentirei di dire che non esistono nel settore industriale specifico,
e potrebbe significare rivedere parecchie cose nell’ambito della
produzione: forze umane, attrezzature, tempi… Denaro, insomma, e
l’ovvia ammissione davanti al mondo di aver trascurato un aspetto
importantissimo relativo alla sicurezza. Ricordo en passant che
iniettare polveri con quelle caratteristiche può indurre alcune di
quelle che oggi si chiamano nanopatologie e che malattie come, ad
esempio, l’autismo o la narcolessia, non sono affatto escludibili
per semplice atto di fede.
Non vorrei dilungarmi su
argomenti riscontrabili da chiunque ma, stando ai fatti, ignorati
dalla signora De Candia, eppure qualcosa va ricordato.
Qualcosa va senz’altro
accennato sulle sperimentazioni. Come credo sia noto, esistono tempi
biologici che non si possono comprimere e, se le sperimentazioni si
svolgono entro periodi più brevi di quanto Natura comandi, le
estrapolazioni che eventualmente vengono fatte sono prive di
qualunque valore. Insomma, se una malattia impiega 20 anni a
manifestarsi, io devo lasciare trascorrere un tempo che superi
ampiamente quel limite per poter stabilire se il mio farmaco è
servito a qualcosa o no. Non solo, ma, non essendo la Medicina una
scienza come la matematica, c’è bisogno di statistica, il che
significa lavorare su popolazioni molto numerose e varie. Poiché
l’industria non può permettersi di aspettare tanto né di operare
su tanti soggetti, i risultati s’inventano. Triste? Magari qualcosa
di più.
Restando alle politiche
industriali, i vaccini costituiscono un business immenso che non può
non essere sfruttato se l’ottica è quella del guadagno. È così
che nascono i vaccini più improbabili per evitare malattie
altrettanto improbabili.
Proseguendo, se si dà
un’occhiata all’epidemiologia di certe malattie infettive, si
scopre che la loro casistica era in diminuzione ben prima che se ne
introducesse il relativo vaccino e il motivo è banale: una migliore
igiene in ogni senso. Dunque, a ben vedere, non è raro che chi
sostiene la pratica vaccinale vesta le penne del pavone per meriti
che non gli toccano.
La signora De Candia,
l’autrice dell’articolo, dovrà poi spiegare quale attività
possano avere i vaccini sui neonati che, ahinoi, devono ancora
mettere a punto il loro sistema immunitario.
Ora, per valutare un aspetto
che non piace all’industria, la gentile signora De Candia potrebbe
prendere, ad esempio, il morbillo. I bambini nati da madri che
avevano contratto naturalmente l’infezione sono già immunizzati
per alcuni anni. Nessuna immunizzazione per i bambini nati da madri
vaccinate. Lo sapeva? E che ne dice delle vaccinazioni, per esempio
contro l’influenza, praticate ad un’ottantenne con il sistema
immunitario che si ritrova?
Naturalmente si potrebbe
continuare, il tutto senza demonizzare niente e nessuno ma,
semplicemente, pretendendo che si metta onestamente tutto sul tavolo
come è giusto che sia.
Io non conosco questa
giornalista. Dando per scontata la sua onestà, rifiuto di pensare
che abbia avuto qualche sollecitazione a scrivere ciò che ha
scritto, ma voglio mettere in guardia tutti: non date credito a chi
si esprime su argomenti che non conosce. C’è chi studia e ricerca
una vita e c’è chi, in mezz’ora d’interesse improvvisato,
pretende, malauguratamente spesso ottenendo, di avere pari voce. È
vero che oggi i maestri di pensiero sono i cantanti, i comici,
gl’intrattenitori televisivi, i tuttologi in generale, ma così non
si arriva da nessuna parte. Restando all’argomento vaccini, se si
vuole chiarezza e progresso reale occorre rinunciare a quella che in
retorica si chiama eristica, cioè l’arte di combattere un
avversario a parole con il solo fine di sconfiggerlo
indipendentemente dalla verità degli assunti.
Mi rendo conto che non sia
facile distinguere le chiacchiere dai fatti, anche perché, come
c’insegna una delle frazioni più buie e censurate della storia
della Medicina, di scienziati venduti al migliore offerente ne
abbiamo avuti tanti e ne continuiamo ad avere un piccolo esercito. Al
di là di ogni ipocrisia, non si può che costatare che di questa
piaga abbiamo pagato a carissimo prezzo le conseguenze, molto ancora
dovendo pagare. Per questo potrei citare una collana di esempi, ma mi
limito all’amianto. Decenni di pubblicazioni sulle riviste più
prestigiose ne “dimostravano” l’innocuità. Poi…
Che fare? Magari cominciamo ad
appellarci se non all’onestà almeno alla dignità di chi fa
dell’informazione un mestiere facendogli presente che, alla lunga,
certi atteggiamenti non pagano.
Fonte: http://www.stefanomontanari.net/
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