venerdì 23 maggio 2014

Che significa mangiare le unghie nella psicologia


Dolorante, arrossata, piena di pellicine è l’unghia sottoposta per anni agli spietati morsi dei denti, una cattiva abitudine, chiamata  onicofagia, che si abbandona intorno ai 10-12 anni ma che in molte persone perdura anche in età adulta senza più riuscire a liberarsene.

Cosa ci spinge a mangiare le unghie? Teoria Freudiana
Secondo la teoria freudiana è un sintomo riconducibile alla fase della fissazione orale.
La bocca è l’organo con il quale il bambino entra in contatto con la madre, attraverso il suo seno. In questo periodo della vita del bambino la sua relazione fondamentale con il mondo esterno è di tipo nutritivo, con la madre.

Il fanciullo in questa fase tende a portare tutto alla bocca, dal seno della madre agli oggetti che lo interessano. La bocca diventa il suo mezzo di contatto con il mondo. Le fissazioni relative a questa fase sono dette fissazioni orali, e derivano dalla lunghezza eccessiva o eccessivamente corta di questo periodo. Tutte le fissazioni orali hanno un elemento in comune: l’eccessiva inclinazione per comportamenti che coinvolgono tutto il cavo orale (mangiare, suggere, fumare, bere, etc).

Un trauma in questo periodo o semplicemente la reiterata frustrazione durante lo svezzamento, possono rendere “orali” i tratti del carattere di un individuo adulto. L’orale tende ad assumere, trattenere, morsicare, essere cinico, dominare le situazioni. Tende a chiudere, all’introversione, a sputare, a rifiutare.

Perchè si estrinseca la consuetudine a mangiare le unghie secondo la psicoanalisi?
Quando certe situazioni non sono gestibili si scatenano emozioni difficilmente metabolizzabili. È il caso ad esempio della paura (ma anche della rabbia), che può verificarsi in varie situazioni (primo giorno di scuola, nascita di fratellini e/o sorelline, separazioni dei genitori, ecc).

In queste situazioni riportare le emozioni sul corpo è una strategia per gestire i momenti di frustrazione. Quando si era piccoli tramite la suzione si riusciva ad ottenere un conforto ma, una volta cresciuti, la suzione non appare sufficiente e allora il mordere, strappare e  anche il provare dolore, è utile (ma non funzionale) a riportare qualcosa di ingestibile (poiché sconosciuto ed intangibile, come le emozioni), a un livello più noto (quello fisico e tangibile, del corpo).

Soprattutto le donne o i soggetti timidi e remissivi  esprimono la loro aggressività o frustrazione rivolgendola verso sé stessi piuttosto che all’esterno. Si tratta infatti di una forma di autolesionismo. Il rosicchiare trasduce un’espressione di aggressività che si coniuga, nel caso dell’onicofagia, al gesto di portare qualcosa alla bocca  nei momenti di agitazione, ansia o rabbia. Spesso è un’abitudine che la persona mette in atto in modo inconsapevole.

Trasduzione psicologica. Cosa avviene nell’inconscio
Mangiare le unghie significa rifiuto degli artigli e quindi non voler affrontare e vivere la propria aggressività. In questo caso sposta la propria rabbia o frustrazione verso sé stesso.

L’azione di mordere, infatti, è strettamente connessa con la rabbia e con la volontà di agire per affermare la propria personalità. Mangiarsi le unghie è quindi un modo per tenere a bada i propri impulsi aggressivi nascondendo così una parte importante della propria personalità.

Palliativi per evitare che il bambino si morda le unghie
Alcuni smalti maleodoranti  avrebbero lo scopo di fare associare al bambino il ribrezzo provocato dallo smalto con l’attività onicofagica. Questo sistema in alcuni casi funziona, eliminando spesso completamente il gesto malsano del mangiarsi le unghie, ma quasi sempre non porta ad una risoluzione della problematica, quanto invece a uno spostamento.

Il condizionamento creato tra odore e unghie effettivamente riduce il gesto, ma porta in diversi casi a spostare l’attività “autodistruttiva” in altre zone del corpo, oppure ad adottare altre modalità.

Pertanto i rimedi più “rapidi” non sempre si rivelano come i più efficaci e questo perché si trascura (sempre più spesso) l’indagine e la ricerca delle motivazioni che possono stare dietro all’inizio dell’attività onicofagica, soffermandosi solo sul “fenomeno visibile”, il sintomo.

Eliminare il comportamento può essere possibile solo nel momento in cui il bambino imparerà a gestire emozioni particolarmente spinose, proprio come la paura, la rabbia, ecc.

Per curare il problema bisogna capire quali siano i motivi di tale ansia ed aggressività e perché si prediliga lo sfogo verso sé stessi e non verso l’esterno.

È importante dunque accettare l’esistenza di questa nostra pulsione e di conseguenza aprire la nostra mente a vie di sfogo diverse dell’aggressività: quest’ultima infatti se incanalata in modo adeguato può dar vita a meravigliose espressioni creative e non distruttive che appartengono alla sfera dell’arte o dello sport o del gioco e via dicendo.

Dott.ssa Anna Maria Sepe, psicoanalista




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