mercoledì 6 aprile 2016

SOFFERENZA VIOLENTA





È possibile che tutte le dipendenze abbiano lo stesso principio: l’emozione di spinta e l’emozione finale. Esiste comunque il punto di mezzo.  Ci sono situazioni che si ripetono e per questo le vedo come dipendenza, la violenza domestica, per esempio, è una di queste situazioni ripetitive. C’è chi è dipendente  da situazioni conflittuali o violente.



Combattere la violenza contro le donne è come combattere per la pace nel mondo”. Una contraddizione in termini. 



Il combattimento deve utilizzare come spinta una reazione uguale a quella che lo ha provocato. Non è soltanto il gesto violento contro le donne che deve finire, è il gesto stesso già lì dove nasce, nell'uomo. La prima vittima della violenza stessa.



Per risolvere un problema dobbiamo uscire dalla visione e dal linguaggio del problema.



Per esempio; se osservo un’equazione (o situazione) personale attraverso la matematica degli eventi è possibile individuare il perché una donna attira nella sua vita l’uomo che la maltratta. 

 Mi riferisco a campi di attrazione e gravità emozionale, oltre che alla logica dei geni.

È molto comune sentire dire dalle donne che, se ci sono due pretendenti, uno buono e dolce e l’altro complicato ed inaffidabile, sceglieranno il secondo.

Perché?


Perché quello è perfetto per la sua equazione che non prevede l’amore per sé stessa.





a) L’uomo violento o inaffidabile è la replica di qualcosa o qualcuno   che ha registrato dentro di sé. 



b) La donna vittima invece, ha lo stesso registro al femminile. 




Il registro sarebbe il ricordo segnato sulla cellula, come spiega l'epigenetica ( la grande novità della biologia del XXI secolo, che afferma la regolazione dell'espressione genetica in dipendenza della situazione ambientale e trasmissibile per via ereditaria). Non necessariamente, dunque, generato da un evento vissuto in prima persona, ma ricevuto dalla madre e dal padre a livello cellulare. La sofferenza si tramanda. 



Sarebbe anche possibile “prevenire” le conseguenze attraverso una visione logica, agendo per tempo o soltanto conoscendo le dinamiche famigliari registrate. 



L’importante è non fare finta che il problema non esista.



Noi umani, uomini e donne, siamo tutti portatori sani di violenza. Quest’eredità non è solo personale ma anche collettiva. Gli uomini non sono violenti perché lo vogliono essere, ma in realtà amano a prescindere da quello che fanno. Esistono geni che si accendono da ricordi non risolti, non compresi e che possono essere collettivi e molto antichi. Serve scoprire il momento o l’origine del registro per spegnere il meccanismo. Tante volte è possibile invertire questa situazione, altre non più. Dipende da quanto il sistema della persona è stato compromesso dalla sofferenza e da quanto tempo crede questa sia il suo modo di essere.



Faccio un esempio:

Un uomo ama sua moglie e i suoi figli. Per un motivo qualsiasi perde la pazienza o prova una gelosia assurda. A quel punto esce dal suo momento presente e cade dentro alla propria linea temporale, diventando qualcun altro. Può darsi che si veda al posto del padre o di qualcuno che faceva la stessa cosa, oppure, può essere che un gene epigenetico (ricordo registrato nella cellula) si accenda. Tutti abbiamo i geni primitivi dentro di noi. Non tutti riescono a controllarli o a riconoscerli. Quest’uomo usa la violenza come linguaggio, generando e attualizzando la scena del ricordo traumatico, riavviando così il programma sui figli e sulla moglie. Passato l’effetto cosa rimane? 

Colpa, tristezza, vergogna … può darsi che questi effetti siano talmente devastanti che non vorrà vederli e quindi assume quell'atteggiamento come suo, come parte della sua personalità. Se non lo vorrà vedere, o correggere, rimane registrato più in profondità e facilmente verrà tramandato ad un discendente più evoluto - i discendenti sono sempre più evoluti degli antenati.



Cosa fare?

La prima cosa in assoluto è riunire tutte le informazioni disponibili sulla storia personale di ogni individuo coinvolto. Se si segue la linea degli eventi possiamo verificare che non sono nuovi. Nessuna coppia si trova insieme per caso.

Le persone adulte non sono solo adulte, ma hanno registri indelebili che sono sempre attivi e non seppelliti nel passato, come si può pensare. Ad ogni situazione questi registri si accendono o si palesano soltanto al tramandarsi del problema. È importante agire in modo diretto, rispettando il dolore delle due parti.   Combattere, criticare, giudicare senza aiutare le persone coinvolte è inutile, affligge la persona violenta ma non svolge un’azione preventiva per quanto riguarda i discendenti.

Le donne corrono e chiedono aiuto, si muovono … l’uomo soffre in silenzio. Il silenzio cristallizza e porta ad una visione appannata di sé e della vita stessa. Quello che voglio dire è che esiste dolore e disfunzioni da tutte e due le parti.




I programmi ereditati di una coppia sono identificabili dal loro atteggiamento e storia famigliare. 

Sarebbe ideale che ogni coppia, ancora prima di sposarsi conoscesse questi programmi per prevenire e correggere in tempo possibili conflitti. Aiutare giovani coppie e genitori a interrompere certi processi porterebbe a quello che tutti noi pensiamo sia un mondo migliore.



Secondo una visione inversa, o logica, combattere non è l’approccio giusto per il futuro. È un atteggiamento vecchio e incoerente. Se combattiamo qualcosa significa che esiste la possibilità di vincere, ma anche di perdere la battaglia. Il combattimento richiede forza per attaccare e resistere. L’intelligenza non combatte ma studia il conflitto. Ogni situazione ha una sua sequenza logica. Il combattimento è la mancanza di visione del quadro completo degli eventi. Penso che il ragionamento corretto sarebbe “comprendere e correggere”. La correzione implica strategia, intelligenza e la possibilità di continuare fino alla fine senza mai perdere la battaglia. 



Scrivere sui cartelloni che dobbiamo combattere la violenza sulle donne, facendo vedere anche l’immagine della violenza, registra ancora di più il suo contrario, dal mio punto di vista è un marketing dell’orrore.  




L’invito è di guardare al di là del ponte, di seguire la strada verso una correzione a livello generazionale e di aiutare anche la parte che in tutto questo rimane persa, non amata e giudicata: l’uomo. Il dolore maschile provoca continuamente le sue vittime. L’educazione e l’intelligenza sarebbero di grande aiuto. Ricordiamoci, nel mondo perfetto non esistono i cattivi, ma soltanto quelli che vedono e quelli che ancora non vedono.


È possibile spiegare ai bambini lo stesso processo rendendoli partecipi dell’osservazione al di là dell’emozione. Se la madre sarà vista come vittima del padre il conflitto sarà dentro il figlio. I figli derivano dalla stessa sostanza di padre e madre. 


La materia di cui un essere umano è fatto non può combattere con sé stessa.


 La situazione violenta, quindi, si trasferirà in altri parametri della vita maschile o femminile dei figli. La compassione per la madre e la rabbia verso il padre annichilisce una componente importante del figlio. La vita porterà questa distorsione ad una correzione che potrà avvenire con la ripetizione o con la comprensione del problema.  


L’importante ruolo della donna in quanto madre è di interrompere il quadro ripetitivo sia per le figlie che per i figli. La madre è fonte di tutto ciò più di quanto si possa pensare. 

Un uomo violento è stato bambino ed è stato allevato da una madre che, in molti casi, attraverso il suo amore soffocante, ha generato nel figlio una rabbia silenziosa che scoppierà un giorno verso un’altra donna. 

Ci sono molte sfumature da conoscere, ogni caso presenta una sua matrice.  Sta arrivando il momento in cui possiamo veramente studiare il nostro funzionamento staccati da credenze e giudizi per comprendere quanto sia meravigliosa la vita e la natura umana. Non esistono errori o problemi, esistono soltanto cose che ancora non comprendiamo. L’amore può trasformare il mondo, ma l’amore è intelligente.



Non esistono colpevoli o vittime. Esistono persone coinvolte dal dolore.


Luciane Arboitte dos Santos
www.lucianedossantos.com


4 commenti:

  1. Grazie Luciane, pienamente d'accordo con la tua oculata disamina dell'argomento.
    Benvenuta su "Fronte Libero".
    Marcello.

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  2. Ciao Luciane,
    i miei complimenti per questo tuo primo post in Fronte Libero. Benvenuta!
    Giuliana

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  3. Counvolgente disamina e ecredo che la frase " correggere per comprendere " ci dia parecchi spunti per dare luce a zone della nostra mente ancora oscure.
    Antonello

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  4. Coinvolgente disamina , credo che le parole " correggere per migliorare " diano luce a zone oscure della nostra mente .
    Antonello

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