Combattere la
violenza contro le donne è come combattere per la pace nel mondo”. Una
contraddizione in termini.
Il
combattimento deve utilizzare come spinta una reazione uguale a quella che lo
ha provocato. Non è soltanto il gesto violento contro le donne che deve finire,
è il gesto stesso già lì dove nasce, nell'uomo. La prima
vittima della violenza stessa.
Per risolvere un problema dobbiamo uscire
dalla visione e dal linguaggio del problema.
Per esempio; se
osservo un’equazione (o situazione) personale attraverso la matematica degli eventi è
possibile individuare il perché una donna attira nella sua
vita l’uomo che la maltratta.
Mi
riferisco a campi di attrazione e gravità emozionale, oltre che
alla logica dei geni.
È
molto comune sentire dire dalle donne che, se ci sono due pretendenti, uno
buono e dolce e l’altro complicato ed inaffidabile, sceglieranno il secondo.
Perché?
a) L’uomo violento o inaffidabile
è la replica di qualcosa o qualcuno che ha registrato dentro
di sé.
b) La donna vittima invece, ha lo stesso registro al femminile.
Il registro sarebbe il ricordo segnato sulla cellula, come spiega l'epigenetica ( la
grande novità della biologia del XXI secolo, che afferma la regolazione
dell'espressione genetica in dipendenza della situazione ambientale e
trasmissibile per via ereditaria). Non necessariamente, dunque,
generato da un evento vissuto in prima persona, ma ricevuto dalla madre e dal
padre a livello cellulare. La sofferenza si tramanda.
Sarebbe
anche possibile “prevenire” le conseguenze attraverso una visione logica,
agendo per tempo o soltanto conoscendo le dinamiche famigliari
registrate.
L’importante è non fare finta che il problema non
esista.
Noi
umani, uomini e donne, siamo tutti portatori sani di violenza. Quest’eredità
non è solo personale ma anche collettiva. Gli uomini non sono violenti perché
lo vogliono essere, ma in realtà amano a prescindere da quello che fanno.
Esistono geni che si accendono da ricordi non risolti, non compresi e che
possono essere collettivi e molto antichi. Serve scoprire il momento o
l’origine del registro per spegnere il meccanismo. Tante volte è possibile
invertire questa situazione, altre non più. Dipende da quanto il sistema della
persona è stato compromesso dalla sofferenza e da quanto tempo crede questa sia il
suo modo di essere.
Faccio un esempio:
Un uomo ama sua moglie e i suoi figli. Per un motivo
qualsiasi perde la pazienza o prova una gelosia assurda. A quel punto esce dal
suo momento presente e cade dentro alla propria linea temporale, diventando
qualcun altro. Può darsi che si veda al posto del padre o di qualcuno che
faceva la stessa cosa, oppure, può essere che un gene epigenetico (ricordo
registrato nella cellula) si accenda. Tutti abbiamo i geni primitivi
dentro di noi. Non tutti riescono a controllarli o a riconoscerli. Quest’uomo
usa la violenza come linguaggio, generando e attualizzando la
scena del ricordo traumatico, riavviando così il programma sui figli e sulla
moglie. Passato l’effetto cosa rimane?
Colpa, tristezza, vergogna … può darsi che questi
effetti siano talmente devastanti che non vorrà vederli e quindi
assume quell'atteggiamento come suo, come parte della sua
personalità. Se non lo vorrà vedere, o correggere, rimane registrato più in
profondità e facilmente verrà tramandato ad un discendente più evoluto - i
discendenti sono sempre più evoluti degli antenati.
Cosa fare?
La
prima cosa in assoluto è riunire tutte le informazioni disponibili sulla storia
personale di ogni individuo coinvolto. Se si segue la linea degli eventi
possiamo verificare che non sono nuovi. Nessuna coppia si trova insieme
per caso.
Le
persone adulte non sono solo adulte, ma hanno registri indelebili che sono
sempre attivi e non seppelliti nel passato, come si può pensare. Ad ogni
situazione questi registri si accendono o si palesano soltanto al tramandarsi
del problema. È importante agire in modo diretto, rispettando il dolore delle
due parti. Combattere, criticare, giudicare senza aiutare le persone
coinvolte è inutile, affligge la persona violenta ma non svolge un’azione
preventiva per quanto riguarda i discendenti.
Le
donne corrono e chiedono aiuto, si muovono … l’uomo soffre in silenzio. Il
silenzio cristallizza e porta ad una visione appannata di sé e della vita
stessa. Quello che voglio dire è che esiste dolore e disfunzioni da tutte e due
le parti.
I programmi ereditati di una coppia sono
identificabili dal loro atteggiamento e storia famigliare.
Sarebbe
ideale che ogni coppia, ancora prima di sposarsi conoscesse questi programmi
per prevenire e correggere in tempo possibili conflitti. Aiutare giovani coppie
e genitori a interrompere certi processi porterebbe a quello che tutti noi
pensiamo sia un mondo migliore.
Secondo
una visione inversa, o logica, combattere non è
l’approccio giusto per il futuro. È un atteggiamento vecchio e
incoerente. Se combattiamo qualcosa significa che esiste la possibilità di
vincere, ma anche di perdere la battaglia. Il combattimento richiede forza per
attaccare e resistere. L’intelligenza non combatte ma studia il conflitto. Ogni
situazione ha una sua sequenza logica. Il combattimento è la mancanza di
visione del quadro completo degli eventi. Penso che il ragionamento corretto
sarebbe “comprendere e correggere”. La correzione implica
strategia, intelligenza e la possibilità di continuare fino alla fine senza mai
perdere la battaglia.
Scrivere
sui cartelloni che dobbiamo combattere la violenza sulle donne, facendo vedere
anche l’immagine della violenza, registra ancora di più il suo
contrario, dal mio punto di vista è un marketing dell’orrore.
L’invito
è di guardare al di là del ponte, di seguire la strada verso una correzione a
livello generazionale e di aiutare anche la parte che in tutto questo rimane
persa, non amata e giudicata: l’uomo. Il dolore maschile provoca continuamente
le sue vittime. L’educazione e l’intelligenza sarebbero di grande aiuto.
Ricordiamoci, nel mondo perfetto non esistono i cattivi, ma soltanto quelli che
vedono e quelli che ancora non vedono.
È
possibile spiegare ai bambini lo stesso processo rendendoli partecipi
dell’osservazione al di là dell’emozione. Se la madre sarà vista come vittima
del padre il conflitto sarà dentro il figlio. I figli derivano dalla stessa
sostanza di padre e madre.
La materia di cui un essere umano è fatto non
può combattere con sé stessa.
La
situazione violenta, quindi, si trasferirà in altri parametri della vita
maschile o femminile dei figli. La compassione per la madre e la rabbia verso
il padre annichilisce una componente importante del figlio. La vita porterà
questa distorsione ad una correzione che potrà avvenire con la ripetizione o
con la comprensione del problema.
L’importante
ruolo della donna in quanto madre è di interrompere il quadro ripetitivo sia
per le figlie che per i figli. La madre è fonte di tutto ciò più di quanto si
possa pensare.
Un
uomo violento è stato bambino ed è stato allevato da una madre che, in molti
casi, attraverso il suo amore soffocante, ha generato nel
figlio una rabbia silenziosa che scoppierà un giorno verso un’altra
donna.
Ci
sono molte sfumature da conoscere, ogni caso presenta una sua matrice. Sta
arrivando il momento in cui possiamo veramente studiare il nostro funzionamento
staccati da credenze e giudizi per comprendere quanto sia meravigliosa la vita
e la natura umana. Non esistono errori o problemi, esistono soltanto cose che
ancora non comprendiamo. L’amore può trasformare il mondo, ma l’amore è
intelligente.
Non
esistono colpevoli o vittime. Esistono persone coinvolte dal dolore.
Luciane Arboitte dos Santos
www.lucianedossantos.com
Grazie Luciane, pienamente d'accordo con la tua oculata disamina dell'argomento.
RispondiEliminaBenvenuta su "Fronte Libero".
Marcello.
Ciao Luciane,
RispondiEliminai miei complimenti per questo tuo primo post in Fronte Libero. Benvenuta!
Giuliana
Counvolgente disamina e ecredo che la frase " correggere per comprendere " ci dia parecchi spunti per dare luce a zone della nostra mente ancora oscure.
RispondiEliminaAntonello
Coinvolgente disamina , credo che le parole " correggere per migliorare " diano luce a zone oscure della nostra mente .
RispondiEliminaAntonello