Per i fisici, è l’equivalente della scoperta dell’America, del Dna o dello sbarco sulla Luna. E' la prova che i modelli matematici sul mondo subatomico sono corretti
di Matteo Sacchi - 05 luglio 2012
Sfuggente, ma fondamentale. Senza di lei, niente massa e niente universo. Così importante e misteriosa da essere soprannominata «la particella di Dio». Ora pare proprio che l’abbiano trovata.
È di ieri mattina l’annuncio ufficiale al Cern di Ginevra. I dati, accolti da un applauso fragoroso, provenienti dagli esperimenti Cms (coordinato dall’americano Joseph Incandela), e Atlas (curato dall’italiana Fabiola Gianotti), parlano chiaro. Entrambi gli studi indicano con un margine di errore vicino allo zero che il bosone di Higgs esiste ed è bello «cicciottello», ha dimensioni comprese fra 125 e 126 miliardi di elettronvolt, ossia pesa fra 125 e 126 volte più di un protone.
Dopo molte prudenze, fughe di notizie e il video di presentazione finito online per errore, i ricercatori hanno parlato finalmente del bosone (ovvero una particella che obbedisce alla statistica Bose-Einstein) che inseguivano da 46 anni e che sono riusciti a catturare: «Nei nostri dati osserviamo chiaramente i segni di una nuova particella», dicono.
E lo fanno davanti a un pubblico di scienziati di tutto il mondo che si sono fatti una coda di ore per assicurarsi un posto nel seminario. Alla presenza di alcuni numi tutelari della fisica quantistica, tra i quali lo stesso Peter Higgs, che nel ’64 aveva previsto l’esistenza del bosone che dà la massa a ogni cosa. Higgs non è solo: con lui ci sono gli altri teorici che hanno previsto con modelli matematici l’esistenza della stessa particella: François Englert, Gerald Guralnik, C.R. Hagen, Tom Kibble... Il seminario del Cern viene trasmesso in diretta in diversi centri di ricerca in tutto il mondo. In Italia il collegamento principale è stato con la sede centrale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, a Roma. L’Istituto, alla faccia di chi parla sempre di fuga dei cervelli, riveste infatti un ruolo di primo piano nel Cern, con almeno 600 ricercatori, molti dei quali impegnati proprio sul bosone di Higgs.
Ma adesso che la famosa particella di Dio c’è, è il caso di spiegare in modo semplice che cos’è e perché è così importante averla trovata. Da molti anni i fisici per spiegare la genesi dell’Universo così come lo conosciamo hanno creato un «modello standard». Per far quadrare i calcoli del modello, Higgs teorizzò, nel ’64, l’esistenza di bosoni con particolari caratteristiche che però nessuno aveva mai trovato, sino a ieri. Ma che cosa fanno questi bosoni di così importante da mobilitare tutto il mondo scientifico? Proviamo a spiegarlo con un esempio che farà un po’ rabbrividire gli addetti ai lavori, ma rende l’idea. A caratterizzare una particella è la sua carica elettrica e la sua massa. La massa dipende dal fatto che tutte le particelle nuotano in un mare di bosoni.
Alcune particelle ci passano in mezzo senza sforzo e quindi hanno massa quasi pari a zero... come i fotoni o i gluoni. Altre risentono della presenza dei bosoni, diventano più lente, assumono una massa, e questo fa sì che esista un universo come lo conosciamo noi e non un monoverso di particelle inerti in fuga nello spazio tempo...
E le particelle non rallentano tutte allo stesso modo: alcune sono rallentate moltissimo e hanno assunto quindi una massa grande, come il quark top o il bosone W, altre invece attraversando il campo più velocemente, rimangono più leggere, come a esempio gli elettroni. Insomma, il bosone crea varietà. E adesso di questo generatore di «massa» abbiamo un primo identikit.
E le particelle non rallentano tutte allo stesso modo: alcune sono rallentate moltissimo e hanno assunto quindi una massa grande, come il quark top o il bosone W, altre invece attraversando il campo più velocemente, rimangono più leggere, come a esempio gli elettroni. Insomma, il bosone crea varietà. E adesso di questo generatore di «massa» abbiamo un primo identikit.
Che in parte conferma le idee di Higgs, in parte no. Uno dei punti su cui si sta ragionando è il fatto che la particella pare interferire con i fotoni più del previsto. Un altro punto è la sua massa, particolarissima. Fosse appena più leggera, l’universo non avrebbe forma, fosse appena più pesante, l’universo avrebbe una forma stabile per sempre. Invece la «particella di Dio» ha proprio quella massa che garantisce una stabilità parziale (durerà ancora qualche decina di milioni di anni).
Per dirla come l’hanno detta gli scienziati: «È come vedere da lontano un uomo che somiglia molto a un nostro amico, ma dobbiamo avvicinarci per capire se si tratta davvero di lui o di un gemello con qualcosa di diverso». E, come davanti a tutte le grandi scoperte, c’è già chi sbuffa: «è sostanzialmente inutile a livello pratico». Parola di Alexander Andreyev, vicepresidente dell’Accademia russa delle scienze. Indispettito soprattutto perché, secondo lui, il bosone non aiuta a costruire la macchina del tempo.
Fonte: www.ilgiornale.it
Fonte: www.ilgiornale.it
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